Il magistero di Benedetto XVI
Maria stella di speranza
Cari fratelli e sorelle,

la mia visita in Puglia – la seconda, dopo il Congresso Eucaristico di Bari – inizia come pellegrinaggio mariano, in questo estremo lembo d’Italia e d’Europa, nel Santuario di Santa Maria de finibus terrae. Con grande gioia rivolgo a tutti voi il mio affettuoso saluto. Ringrazio con affetto il Vescovo Mons. Vito De Grisantis per avermi invitato e per la sua cordiale accoglienza; insieme con lui saluto gli altri Vescovi della Regione, in particolare il Metropolita di Lecce Mons. Cosmo Francesco Ruppi; come pure i presbiteri e i diaconi, le persone consacrate e tutti i fedeli. Saluto con riconoscenza il Ministro Raffaele Fitto, in rappresentanza del Governo italiano, e le diverse Autorità civili e militari presenti.

In questo luogo storicamente così importante per il culto della Beata Vergine Maria, ho voluto che la liturgia fosse dedicata a Lei, Stella del mare e Stella della speranza. "Ave, maris stella, / Dei Mater alma, / atque semper virgo, / felix caeli porta!". Le parole di questo antico inno sono un saluto che riecheggia in qualche modo quello dell’Angelo a Nazaret. Tutti i titoli mariani infatti sono come gemmati e fioriti da quel primo nome con il quale il messaggero celeste si rivolse alla Vergine: "Rallegrati, piena di grazia" (Lc 1,28). L’abbiamo ascoltato nel Vangelo di san Luca, molto appropriato perché questo Santuario – come attesta la lapide sopra la porta centrale dell’atrio – è intitolato alla Vergine Santissima "Annunziata". Quando Dio chiama Maria "piena di grazia", si accende per il genere umano la speranza della salvezza: una figlia del nostro popolo ha trovato grazia agli occhi del Signore, che l’ha prescelta quale Madre del Redentore. Nella semplicità della casa di Maria, in un povero borgo di Galilea, incomincia ad adempiersi la solenne profezia della salvezza: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, / tra la tua stirpe / e la sua stirpe: / questa ti schiaccerà la testa / e tu le insidierai il calcagno" (Gn 3,15). Perciò il popolo cristiano ha fatto proprio il cantico di lode che gli Ebrei elevarono a Giuditta e che noi abbiamo poc’anzi pregato come Salmo responsoriale: "Benedetta sei tu, figlia, / davanti al Dio altissimo / più di tutte le donne che vivono sulla terra" (Gdt 13,18). Senza violenza, ma con il mite coraggio del suo "sì", la Vergine ci ha liberati non da un nemico terreno, ma dall’antico avversario, dando un corpo umano a Colui che gli avrebbe schiacciato la testa una volta per sempre.

Ecco perché, sul mare della vita e della storia, Maria risplende come Stella di speranza. Non brilla di luce propria, ma riflette quella di Cristo, Sole apparso all’orizzonte dell’umanità, così che seguendo la Stella di Maria possiamo orientarci nel viaggio e mantenere la rotta verso Cristo, specialmente nei momenti oscuri e tempestosi. L’apostolo Pietro ha conosciuto bene questa esperienza, per averla vissuta in prima persona. Una notte, mentre con gli altri discepoli stava attraversando il lago di Galilea, fu sorpreso dalla tempesta. La loro barca, in balia delle onde, non riusciva più ad avanzare. Gesù li raggiunse in quel momento camminando sulle acque, e invitò Pietro a scendere dalla barca e ad avvicinarsi. Pietro fece qualche passo tra le onde ma poi si sentì sprofondare e allora gridò: "Signore, salvami!". Gesù lo afferrò per la mano e lo trasse in salvo (cfr Mt 14,24-33). Questo episodio si rivelò poi un segno della prova che Pietro doveva attraversare al momento della passione di Gesù. Quando il Signore fu arrestato, egli ebbe paura e lo rinnegò tre volte: fu sopraffatto dalla tempesta. Ma quando i suoi occhi incrociarono lo sguardo di Cristo, la misericordia di Dio lo riprese e, facendolo sciogliere in lacrime, lo risollevò dalla sua caduta.

Ho voluto rievocare la storia di san Pietro, perché so che questo luogo e tutta la vostra Chiesa sono particolarmente legati al Principe degli Apostoli. A lui, come all’inizio ha ricordato il Vescovo, la tradizione fa risalire il primo annuncio del Vangelo in questa terra. Il Pescatore, "pescato" da Gesù, ha gettato le reti fin qui, e noi oggi rendiamo grazie per essere stati oggetto di questa "pesca miracolosa", che dura da duemila anni, una pesca che, come scrive proprio san Pietro, "ci ha chiamati dalle tenebre alla ammirabile luce [di Dio]" (1 Pt 2,9). Per diventare pescatori con Cristo bisogna prima essere "pescati" da Lui. San Pietro è testimone di questa realtà, come lo è san Paolo, grande convertito, di cui tra pochi giorni inaugureremo il bimillenario della nascita. Come Successore di Pietro e Vescovo della Chiesa fondata sul sangue di questi due eminenti Apostoli, sono venuto a confermarvi nella fede in Gesù Cristo, unico salvatore dell’uomo e del mondo.

La fede di Pietro e la fede di Maria si coniugano in questo Santuario. Qui si può attingere al duplice principio dell’esperienza cristiana: quello mariano e quello petrino. Entrambi, insieme, vi aiuteranno, cari fratelli e sorelle, a "ripartire da Cristo", a rinnovare la vostra fede, perché risponda alle esigenze del nostro tempo. Maria vi insegna a restare sempre in ascolto del Signore nel silenzio della preghiera, ad accogliere con generosa disponibilità la sua Parola col profondo desiderio di offrire voi stessi a Dio, la vostra vita concreta, affinché il suo Verbo eterno, per la potenza dello Spirito Santo, possa ancora "farsi carne" oggi, nella nostra storia. Maria vi aiuterà a seguire Gesù con fedeltà, ad unirvi a Lui nell’offerta del Sacrificio, a portare nel cuore la gioia della sua Risurrezione e a vivere in costante docilità allo Spirito della Pentecoste. In modo complementare, anche san Pietro vi insegnerà a sentire e credere con la Chiesa, saldi nella fede cattolica; vi porterà ad avere il gusto e la passione dell’unità, della comunione, la gioia di camminare insieme con i Pastori; e, al tempo stesso, vi parteciperà l’ansia della missione, di condividere il Vangelo con tutti, di farlo giungere fino agli estremi confini della terra.

"De finibus terrae": il nome di questo luogo santo è molto bello e suggestivo, perché riecheggia una delle ultime parole di Gesù ai suoi discepoli. Proteso tra l’Europa e il Mediterraneo, tra l’Occidente e l’Oriente, esso ci ricorda che la Chiesa non ha confini, è universale. E i confini geografici, culturali, etnici, addirittura i confini religiosi sono per la Chiesa un invito all’evangelizzazione nella prospettiva della "comunione delle diversità". La Chiesa è nata a Pentecoste, è nata universale e la sua vocazione è parlare tutte le lingue del mondo. La Chiesa esiste – secondo l’originaria vocazione e missione rivelata ad Abramo – per essere una benedizione a beneficio di tutti i popoli della terra (cfr Gn 12,1-3); per essere, con il linguaggio del Concilio Ecumenico Vaticano II, segno e strumento di unità per tutto il genere umano (cfr Cost. Lumen gentium, 1). La Chiesa che è in Puglia possiede una spiccata vocazione ad essere ponte tra popoli e culture. Questa terra e questo Santuario sono in effetti un "avamposto" in tale direzione, e mi sono molto rallegrato nel constatare, sia nella lettera del vostro Vescovo come anche oggi nelle sue parole, quanto questa sensibilità sia tra voi viva e percepita in modo positivo, con genuino spirito evangelico.

Cari amici, noi sappiamo bene, perché il Signore Gesù su questo è stato molto chiaro, che l’efficacia della testimonianza è proporzionata all’intensità dell’amore. A nulla vale proiettarsi fino ai confini della terra, se prima non ci si vuole bene e non ci si aiuta gli uni gli altri all’interno della comunità cristiana. Perciò l’esortazione dell’apostolo Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda Lettura (Col 3,12-17), è fondamentale non solo per la vostra vita di famiglia ecclesiale, ma anche per il vostro impegno di animazione della realtà sociale. Infatti, in un contesto che tende a incentivare sempre più l’individualismo, il primo servizio della Chiesa è quello di educare al senso sociale, all’attenzione per il prossimo, alla solidarietà e alla condivisione. La Chiesa, dotata com’è dal suo Signore di una carica spirituale che continuamente si rinnova, si rivela capace di esercitare un influsso positivo anche sul piano sociale, perché promuove un’umanità rinnovata e rapporti umani aperti e costruttivi, nel rispetto e nel servizio in primo luogo degli ultimi e dei più deboli.

Qui, nel Salento, come in tutto il Meridione d’Italia, le Comunità ecclesiali sono luoghi dove le giovani generazioni possono imparare la speranza, non come utopia, ma come fiducia tenace nella forza del bene. Il bene vince e, se a volte può apparire sconfitto dalla sopraffazione e dalla furbizia, in realtà continua ad operare nel silenzio e nella discrezione portando frutti nel lungo periodo. Questo è il rinnovamento sociale cristiano, basato sulla trasformazione delle coscienze, sulla formazione morale, sulla preghiera; sì, perché la preghiera dà la forza di credere e lottare per il bene anche quando umanamente si sarebbe tentati di scoraggiarsi e di tirarsi indietro. Le iniziative che il Vescovo ha citato in apertura e le altre che portate avanti nel vostro territorio, sono segni eloquenti di questo stile tipicamente ecclesiale di promozione umana e sociale. Al tempo stesso, cogliendo l’occasione della presenza delle Autorità civili, mi piace ricordare che la Comunità cristiana non può e non vuole mai sostituirsi alle legittime e doverose competenze delle Istituzioni, anzi, le stimola e le sostiene nei loro compiti e si propone sempre di collaborare con esse per il bene di tutti, a partire dalle situazioni di maggiore disagio e difficoltà.

Il pensiero torna, infine, alla Vergine Santissima. Da questo Santuario di Santa Maria de finibus terrae desidero recarmi in spirituale pellegrinaggio nei vari Santuari mariani del Salento, vere gemme incastonate in questa penisola lanciata come un ponte sul mare. La pietà mariana delle popolazioni si è formata sotto l’influsso mirabile della devozione basiliana alla Theotokos, una devozione coltivata poi dai figli di san Benedetto, di san Domenico, di san Francesco, ed espressa in bellissime chiese e semplici edicole sacre, che vanno curate e preservate come segno della ricca eredità religiosa e civile della vostra gente. Ci rivolgiamo dunque ancora a Te, Vergine Maria, che sei rimasta intrepida ai piedi della croce del tuo Figlio. Tu sei modello di fede e di speranza nella forza della verità e del bene. Con le parole dell’antico inno ti invochiamo: "Spezza i legami agli oppressi, / rendi la luce ai ciechi, / scaccia da noi ogni male, / chiedi per noi ogni bene". E allargando lo sguardo all’orizzonte dove cielo e mare si congiungono, vogliamo affidarti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo e quelli del mondo intero, invocando per tutti sviluppo e pace: "Donaci giorni di pace, / veglia sul nostro cammino, / fa’ che vediamo il tuo Figlio, / pieni di gioia nel cielo". Amen.

BENEDETTO XVI
 


È passato ormai un anno dalla visita di Benedetto XVI in Puglia. Tutti noi fedeli (anche chi, come me, ha vissuto l'evento “dal di fuori”, nello specifico da Milano) ricordiamo con profonda emozione e gioia i momenti di quell'incontro: un incontro che era anche un riconoscimento e un tributo alle radici cristiane della nostra terra.
Santa Maria de finibus terrae, il luogo della celebrazione eucaristica dove il papa ha pronunciato quest'omelia, è l'estremo lembo orientale della nostra penisola, interamente proiettato nel Mediterraneo.
L'omelia, e il particolare contesto in cui è stata pronunciata, non possono non dirigere il nostro sguardo alle origini del cristianesimo, quando proprio il Mediterraneo (mare nostrum per i latini) divenne la principale via d'incontro tra i primi seguaci di Cristo. Nel I e nel II secolo il Vangelo sbarcava anche sulle coste della nostra regione, attraverso battelli venuti dalla Palestina, dall'Asia Minore, dall'Egitto o dalla Siria. Erano in genere navi commerciali che spesso, per le insidie del tempo e della stagione, si fermavano nei nostri porti per settimane e mesi, dando modo ai primi adepti di diffondere la “Buona Novella”. Tutta l'antichità ha riconosciuto all'ospitalità qualcosa di sacro: lo straniero che varcava la soglia di casa era considerato come un messaggero di Dio. La nostra terra ha in parte conservato quest'identità, derivatale dalla cultura magno-greca, oltre che dalla sua particolare conformazione geografica.
Puglia, terra di fari. Ce n'è uno anche a Santa Maria di Leuca. Ma Benedetto XVI, nella sua omelia, ci propone il riferimento illuminante della Vergine, «Stella del mare e Stella della speranza». Maria, «piena di grazia», accende in noi la speranza della salvezza: è infatti una persona come noi che, con semplicità e modestia, ma soprattutto col «coraggio del suo “sì”» ci indica la strada per la redenzione. Come la luna dinanzi al sole, «non brilla di luce propria, ma riflette quella di Cristo».
È proprio in questo farci specchio della Luce a immagine della Vergine, nella consapevolezza che dobbiamo mettere tra parentesi il nostro «io» per lasciarci irradiare dalla forza soprannaturale della fede, che consiste l'essenza del cristianesimo e della nostra missione di evangelizzatori. Non ci è richiesta alcuna parola in più rispetto a quella contenuta nei Vangeli e tramandata dalla Chiesa. Il nostro compito è di semplici testimoni che devono sforzarsi di vivere e trasmettere la Parola senza troppe chiose o aggiunte. Essere testimoni vuol dire, in sostanza, sentire e vivere la Parola nella propria esperienza di vita, per rendere efficace la propria testimonianza. Sant'Ignazio d'Antiochia spiegava che «si educa con quello che si dice, ancora di più con quello che si fa, ancora di più con quello che si è». Essere cristiani, ammonisce il Papa, vuol dire anche, «seguendo la Stella di Maria», «orientarci nel viaggio e mantenere la rotta verso Cristo, specialmente nei momenti oscuri e tempestosi».
Essere cristiani significa avere l'umiltà di riconoscersi peccatori, costantemente insidiati dalle tentazioni e, pertanto, costantemente bisognosi della grazia. L'esempio di san Pietro, il successore di Cristo cui vengono affidate le sorti della Chiesa, dimostra come persino i migliori degli uomini vacillano quando smarriscono la fiducia e si lasciano sopraffare dalla paura. Pietro riesce a non affondare nel momento in cui riconosce la propria debolezza e implora il soccorso di Cristo.
Pietro, da pescatore, viene «pescato». È un'esperienza duplice quella di essere, in determinate circostanze della vita, soccorritori o bisognosi di soccorso, salvatori o salvati. Tutti ci ritroviamo a percorrere, in un senso e nell'altro, questo crinale. È umano.
Il valore cristiano della comunità, ma anche dell’amore e dell'amicizia, consiste dunque nella sollecitudine che ciascuno di noi deve sentire per il prossimo, a partire da sé stesso. È un valore che nella nostra Puglia si manifesta anche nello zelo per i dettagli, per le piccole cose legate al rito o alla tradizione: ad esempio, nella cura estetica per le «bellissime chiese» e per le «semplici edicole sacre» che fioriscono, come ha ricordato il Papa, nel nostro territorio.
Tutti questi valori un pugliese che, come me, arriva in città dalla provincia e dalla periferia, cerca di custodirli come un tesoro inestimabile. Nella lontananza dalle proprie radici e dalla famiglia, nelle tante seduzioni di una metropoli come Milano, il rischio di smarrirsi è sempre in agguato. La città è una grande opportunità, ricca di fermenti, incontri, sollecitazioni. Ma è anche un inestricabile labirinto d’intrighi e solitudine, estraneità dove l’uomo lotta, talvolta, per un’esistenza amara. Si tratta dell’«individualismo», della «sopraffazione» o della «furbizia», ma non solo. I pericoli vanno dal relativismo al materialismo, dalla dittatura dell'immediato (per cui è giusto solo ciò che mi va ora e che decido io) all'edonismo: alla ricerca, cioè, di quel piacere finalizzato al godimento, che è cosa ben diversa dall'appagamento, sostanza dell'essere cristiani.
Il godimento consiste infatti nel banale vivere alla giornata imperniato sul soddisfacimento sensuale dei bisogni impellenti; in questa prospettiva, in cui il superfluo domina sul necessario, Dio non solo è negato, ma addirittura saltato.
L'appagamento cristiano consiste, invece, nella ricerca indefessa di risposte di senso, nella tensione costante verso la Verità, dove spirito e materia si coniugano in perfetta armonia. La Verità ci rende capaci, per citare ancora il Papa, «di educare al senso sociale, all’attenzione per il prossimo, alla solidarietà e alla condivisione»: di promuovere «un’umanità rinnovata e rapporti umani aperti e costruttivi, nel rispetto e nel servizio in primo luogo degli ultimi e dei più deboli».
La Puglia visitata lo scorso anno dal Papa, quell'estremo fazzoletto sbilanciato nel mare che è il santuario di Santa Maria de finibus terrae, ci invita ad andare oltre: oltre i sensi, oltre una morale imperniata sul godimento e sull'individualismo, oltre i limiti imposti dalla materia. Eugenio Montale diceva che «tutte le cose portano scritto più in là». Anche la Madonna rappresenta questa tensione a superare i limiti, anche quelli del nostro corpo, verso lo spirito: ci guida a non accontentarci della mediocrità; a perseguire il bene con slancio e allegria; a temere la tiepidezza come la maggiore alleata di quel nemico cui Lei, con Gesù, ha schiacciato la testa col calcagno.
Attraverso la Vergine possiamo, in questo mese mariano, rinsaldare dentro di noi, nel contatto con l’arcano, il mistero della nascita, della vita e della morte. Nell’amore per la preghiera e per la semplicità possiamo riscoprire il senso pieno della nostra umanità, e ritrovare «la fiducia tenace nella forza del bene».
Il pensiero torna, ancora, ai primi cristiani. Essi abbracciavano il martirio pur di celebrare l'Eucaristia; noi, fagocitati dagli impegni mondani, o di studio, o di lavoro, fatichiamo, talvolta, a trovare tre quarti d'ora da dedicare alla Messa, anche la domenica.
Che profumo di rose e che piacere mistico, invece, in quei pomeriggi a casa della zia, tanti anni fa, nel mese di maggio... Tutti, insieme, a recitare il Rosario.
 
Vincenzo Sardelli
 
Data: 01/05/2009
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