Con la data del 29 giugno 2009 è stata pubblicata la nuova enciclica del Papa —“Caritas in veritate”— dedicata al tema dello sviluppo umano. L’enciclica si inserisce nel solco della Dottrina sociale della Chiesa, con le connotazioni proprie dell’alto magistero di Benedetto XVI. Qui riportiamo il n. 78 , invitando chi può a leggere con attenzione l’intera enciclica.
Senza Dio l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia. Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: « Senza di me non potete far nulla » (Gv 15,5) e c'incoraggia: « Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28,20).
Di fronte alla vastità del lavoro da compiere, siamo sostenuti dalla fede nella presenza di Dio accanto a coloro che si uniscono nel suo nome e lavorano per la giustizia. Paolo VI ci ha ricordato nella Populorum progressio che l'uomo non è in grado di gestire da solo il proprio progresso, perché non può fondare da sé un vero umanesimo. Solo se pensiamo di essere chiamati in quanto singoli e in quanto comunità a far parte della famiglia di Dio come suoi figli, saremo anche capaci di produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio di un vero umanesimo integrale. La maggiore forza a servizio dello sviluppo è quindi un umanesimo cristiano , che ravvivi la carità e si faccia guidare dalla verità, accogliendo l'una e l'altra come dono permanente di Dio.
La disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso. Al contrario, la chiusura ideologica a Dio e l'ateismo dell'indifferenza, che dimenticano il Creatore e rischiano di dimenticare anche i valori umani, si presentano oggi tra i maggiori ostacoli allo sviluppo. L'umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano. Solo un umanesimo aperto all'Assoluto può guidarci nella promozione e realizzazione di forme di vita sociale e civile — nell'ambito delle strutture, delle istituzioni, della cultura, dell'ethos — salvaguardandoci dal rischio di cadere prigionieri delle mode del momento.
È la consapevolezza dell'Amore indistruttibile di Dio che ci sostiene nel faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo dei popoli, tra successi ed insuccessi, nell'incessante perseguimento di retti ordinamenti per le cose umane. L'amore di Dio ci chiama ad uscire da ciò che è limitato e non definitivo, ci dà il coraggio di operare e di proseguire nella ricerca del bene di tutti, anche se non si realizza immediatamente, anche se quello che riusciamo ad attuare, noi e le autorità politiche e gli operatori economici, è sempre meno di ciò a cui aneliamo . Dio ci dà la forza di lottare e di soffrire per amore del bene comune, perché Egli è il nostro Tutto, la nostra speranza più grande.
BENEDETTO XVI
Caritas in veritate,
una bussola per ridefinire il sistema economico mondiale
di Ignazio Rosato
L’ enciclica Caritas in Veritate si inserisce nel solco delle Encicliche Sociali della Chiesa e riflette sui grandi cambiamenti avvenuti negli ultimi anni; essa inizialmente era stata pensata da Benedetto XVI come una commemorazione dei 40 anni della Populorum progressio di Paolo VI, commemorazione che avveniva nel 2007. La redazione della Caritas in Veritate però ha richiesto più tempo e si è giunti alla sua pubblicazione nel luglio del 2009 e questo ha permesso al Santo Padre di estendere il suo messaggio anche alla luce della crisi economico-finanziaria che stiamo vivendo. La crisi non viene affrontata in senso tecnico, ma viene valutata alla luce dei principi riflessione e dei criteri di giudizio della Dottrina sociale della Chiesa ed all’interno di una visione più generale dell’economia, dei suoi fini e della responsabilità dei suoi attori, e proprio perché nelle parole del Santo Padre vi sono riferimenti espliciti al contesto socio-economico in cui siamo immersi questa Enciclica è stata oggetto di riflessione da parte di molti rappresentanti di istituzioni economiche, finanziarie e politiche.
Nelle riflessioni che seguono l’attenzione è posta essenzialmente sulle indicazioni che il testo ci da per una nuova visione del mercato, dell’impresa e sul richiamo all’etica nel mondo economico e finanziario.
Come scrive Benedetto XVI “la crisi deve diventare un’occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente”(21); il Papa incoraggia una sorta di civilizzazione dell’economia e sottolinea come nell’epoca della globalizzazione non ci si possa più affidare ad un sistema basato sul binomio stato-mercato, ma si debba costruire un nuovo modello di sviluppo fondato su 3 pilastri fondamentali: stato, mercato e società civile. In questa ottica il mercato, che non è negativo per natura, ma può diventarlo se utilizzato in maniera distorta dai suoi operatori, deve attingere energie morali da altri soggetti. La Dottrina Sociale della Chiesa ci ricorda che nell’economia di mercato il concetto di giustizia sociale e di giustizia distributiva sono essenziali affinché il mercato possa realizzare quella coesione sociale di cui ha bisogno per poter funzionare: “Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca – è il monito del Papa – il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica” (34), e suggerisce come l’agire economico, finalizzato alla produzione di ricchezza non deve essere separato dall’agire politico, finalizzato ad una equa distribuzione della stessa ricchezza, ma la realtà globalizzata di oggi rende questa dicotomia produzione-redistribuzione più difficile da realizzarsi, visto che mentre l’attività dei governi si sviluppa soprattutto a livello locale, le attività economiche non conoscono tali limiti territoriali; per questo già all’interno del mercato occorre che si aprano degli spazi per quei soggetti che operano perseguendo non solo logiche legate al profitto ma che operano anche secondo principi ispirati ad una “economia di comunione”.
La crisi attuale, annota ancora il Pontefice, richiede anche “profondi cambiamenti nel modo di intendere l’impresa” (40). Già da qualche anno negli ambienti accademici universitari si è andato sviluppando un intenso dibattito su questo tema tra gli studiosi di Scienze di Gestione d’Impresa. Vecchi, seppur radicati, modelli vengono messi in discussione e si affacciano nuove visioni, soprattutto alla luce di quello che l’istituzione impresa rappresenta oggi: una realtà complessa, estesa sia in termini territoriali che in termini di soggetti coinvolti; Benedetto XVI ci avverte che è forte il rischio che “l’impresa risponda quasi esclusivamente a chi in essa investe, e quindi perda la sua valenza sociale” e ancora che “la gestione dell’impresa non può tenere conto degli interessi dei soli partecipanti alla stessa ma deve farsi carico anche di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell’impresa” (40). In queste parole troviamo interessanti analogie con la cosiddetta “Teoria degli Stakeholder” la quale ci dice che l’impresa nel suo percorso evolutivo entra in contatto con molteplici interlocutori sociali (stakeholder), i quali a loro volta proiettano sulla realtà imprenditoriale interessi, aspettative e bisogni e ai quali l’impresa fornisce risposte attraverso le proprie azioni di governo. Se l’impresa agisce in modo “risonante” con tali interlocutori allora essa può contribuire ad un equilibrato sviluppo della collettività da un punto di vista economico, attraverso il processo produttivo e la conseguente creazione di valore, da un punto di vista sociale in quanto l’attività d’impresa genera effetti sull’evoluzione e sullo sviluppo della società e concorre ad accrescere il benessere sociale ed ambientale, da un punto di vista culturale in quanto la dimensione cognitiva dell’impresa stimola l’ampliamento del patrimonio di conoscenze a vantaggio della collettività.
Gli sviluppi recenti di suddetta teoria portano allora a dire che il ruolo economico non può essere disgiunto da quello sociale e questo legame è tanto più forte quanto più sono significativi gli effetti di una determinata attività imprenditoriale sui processi evolutivi e sullo sviluppo della società; a questo ruolo sociale deve conseguentemente corrispondere un accresciuto senso di responsabilità da parte di chi ha potere decisionale nell’impresa, e una maggiore considerazioni dell’impatto che hanno sulla società le decisioni assunte.
Analogie tra le parole del Santo Padre e alcuni sviluppi recenti della teoria economica li ritroviamo anche nel richiamo che il Papa fa ad un ritorno ad un economia ed a una finanza che ha bisogno dell’etica per un corretto funzionamento e di un’etica amica della persona. E’ importante applicare l’etica alla persona: la grande novità è che si chiede un cambiamento culturale fondato sulla centralità della persona. Quindi, attraverso la risposta dei bisogni della persona, la lotta alla povertà, il rispetto dell’ambiente si va verso una ridefinizione di questo sistema economico e finanziario. Anche la teoria economica fa appello ad un ritorno ad un “etica finanziaria”: troppo spesso negli ultimi tempi le scelte dei manager e degli operatori finanziarie sono state il risultato dell’abbandono di un sistema di valori fondato su radicati principi morali ed etici, a scapito della logica della massimizzazione del profitto o della pura speculazione finanziaria e i frutti di tali distorsioni sono sotto gli occhi di tutti (basti ricordare i recenti dissesti finanziari di imprese di notevoli dimensioni sia in Italia che in altri paesi); senza dimenticare che accanto ad un ritorno all’ etica finanziaria ci deve essere anche sostegno alla cosiddetta “finanza etica” che attraverso le sue attività in aiuto ai paesi poveri corregge i principi teorici del capitalismo puro, per cui come ammonisce il Papa “i poveri non sono da considerarsi un fardello, bensì una risorsa” (35)
Concludendo possiamo dire, riprendendo quanto affermato dal presidente di Banca Etica dott. Fabio Salviato che “il Santo Padre ci offre una grande regalo; le sue parole per gli operatori economici e finanziari, i responsabili politici, per tutta la società civile rappresentano oggi un punto di riferimento centrale e da delle indicazioni su come debba essere ricostruito dopo questa fase di crisi l’intero sistema economico mondiale Un documento di riferimento certamente per chi crede, ma anche per chi non crede: un richiamo all’unità, ad interrogarsi, a ridefinire quella che è la situazione attuale di un sistema che lotta per la massimizzazione del profitto e che invece deve inserire il profitto all’interno di criteri di eticità”.